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SPERIMENTAZIONE ANIMALE: UN PROBLEMA POLITICO, ECONOMICO E MEDIATICO

Vanessa Tucci

Una riflessione sulla sperimentazione animale rimanda ad una valutazione onnicomprensiva che non consideri solo l'aspetto scientifico ma anche quello politico ed economico con annesse strategie di comunicazione. In questa riflessione mi soffermerò appunto sul processo di affermazione di tale paradigma, dando per acquisita la sua confutazione scientifica, già denunciata dagli interventi precedenti. La contestazione della sperimentazione animale è venuta inoltre da tutti quei medici o scienziati che coraggiosamente hanno denunciato tale metodologia fallace, primo fra tutti Pietro Croce, che non ci stancheremo mai di ricordare come precursore di una nuova rivoluzione copernicana della scienza medica. La sperimentazione animale, oltre a basarsi su un errore metodologico, determina l'affermazione di un paradigma dominante incentrato su una visione meccanicista e riduzionista della vita. L'animale, analizzato nelle sue minime parti e reazioni al di fuori del suo contesto naturale, non rappresenta, infatti, un modello valido neppure per la specie a cui appartiene. Tale approccio riduzionista, applicato successivamente alla specie umana, omette di considerare l'interazione dell'uomo con l'ambiente e trascura le cause reali della malattia, che attengono ad un' equilibrio psico-fisico. Questo tipo di visione, di conseguenza, si sofferma principalmente sull'eliminazione dei sintomi esteriori, spersonalizzando la malattia e la conseguente terapia, la quale viene trasformata in un problema tecnico dell'uomo-macchina, valutabile a partire dall'animale-macchina. Tale pratica si radica nel corso dei secoli grazie al razionalismo e al positivismo che affermano la possibilità della ragione di dominare qualsiasi cosa. Ma come ci ricorda il grande Hans Ruesch nel suo capolavoro Imperatrice Nuda: “negando l'esistenza di tutto ciò che non è dimostrabile, gli scienziati divorziarono dalla realtà della vita.” La pratica vivisezionista diviene inoltre ideologia dimenticando il principio cardine del metodo sperimentale: quello della confutazione continua, di cui ci avverte lo stesso Pietro Croce paragonando la vivisezione alla dottrina tolemaica. Entrambe, infatti, sono apparse nei secoli come inconfutabili ma in realtà sono incentrate su un evidente errore metodologico. A partire da questi presupposti si possono considerare le implicazioni sociali di tale paradigma. Si afferma, infatti, la privazione della consapevolezza personale e sociale della malattia attraverso la medicalizzazione della società. L'individuo diventa dunque bisognoso di un sistema medico che lo ammala, perché lo inserisce in un meccanismo spersonalizzante e lo priva della capacità di modificare il suo ambiente facendosi carico della sue potenzialità autorigeneratrici. Ma lo ammala soprattutto inducendolo ad assumere sempre più farmaci, oltretutto pericolosi perché testati sugli animali nonché non considerando la necessità della prevenzione. Un esempio in questo senso riguarda una malattia tristemente attuale: il cancro. L'attenzione è infatti posta sulla ricerca di farmaci sempre nuovi o strategie per contrastare la malattia, sperimentate a partire dall'animale. Ma questa ricerca, oltre a non riuscire a penetrare le cause della malattia, non considera che buona parte dei tumori sarebbero evitabili attraverso un'accurata prevenzione, come ci suggerisce Gianni Tamino, presidente di Equivita, nel suo libro Cancro, un male evitabile.

Vanessa TucciComplici di ciò sono le industrie farmaceutiche che realizzano una massiccia campagna promozionale e i medici che non si riescono a discostarsi della visione riduttiva. Una considerazione politica non deve inoltre dimenticare come qualsiasi opposizione alla scienza dominante si scontri con la dominazione di una determinata elite medica, che si eleva come portavoce di una verità assoluta. Il cittadino, infatti, attribuisce alla classe medica, che si è dotata di un linguaggio specifico e impenetrabile, un potere simile a quello che precedentemente detenevano il sacerdote o lo stregone.

La sperimentazione animale serve inoltre ad aumentare il prestigio degli scienziati perché grazie ad essa possono pubblicare nuovi articoli sulle riviste scientifiche. E’ infatti possibile possibile ottenere risultati differenti cambiando la specie, la razza o il ceppo degli animali impiegati (nonché modificando le condizioni dell'esperimento), senza alcun contributo di fantasia o di creatività.

Si tende altresì a trasformare la cura in una strategia commerciale. Lo denuncia lo stesso Pietro Croce : “la scienza medica sta sempre più trasformandosi in industria interessata a <promuovere> se stessa secondo la logica consumistica: creare malattie per poterle curare, e poi curare le malattie provocate dalla cura usata per curare le malattie...”

Ma attualmente, le sostanze chimiche realmente nuove sono poche, come poche sono le medicine con reale valore terapeutico; ci sono molte industrie che emulano invece farmaci rivali e molti farmaci-copia, che non comportano nessun vero vantaggio terapeutico. In ultima analisi vorrei considerare la comunicazione, che spesso censura gli oppositori della vivisezione e si orienta a sponsorizzare un'industria medica retta sulla sperimentazione animale. Spesso, infatti, sono citati a livello ufficiale i cosiddetti avanzamenti della scienza a partire dalla sperimentazione su animali, e si afferma la necessità di fondi per la ricerca sulle malattie più temibili, quali il cancro. Si dimentica a tal proposito la prevenzione e si incentivano le raccolte- fondi, non considerando che fino a quando la ricerca utilizzerà come modello la sperimentazione animale non sarà possibile nessun tipo di avanzamento. Purtroppo si stimola, al contrario, quel “business della paura” che incentiva la ricerca sul cancro al di là della modalità con cui viene condotta, piuttosto che la ricerca e la commercializzazione di sempre nuovi vaccini, intimata da una nuova imminente epidemia .

ll concorso di comunicazione lanciato dal Comitato Scientifico EQUIVITA e dal Movimento UNA intende appunto sensibilizzare l’opinione pubblica sulla fallacia della sperimentazione animale e stimolare una reazione alle menzogne dominanti nel campo della ricerca, affinché si faccia finalmente luce su una tematica troppo spesso taciuta.



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